Terrananda

La natura è maestra

Tag: Amazzonia

Come rispondere alle politiche consumistiche che stanno bruciando l’Amazzonia?

Come analizzato nel nostro recente post le politiche che stanno bruciando da venti anni la foresta amazzonica sono legate alla produzione di soia per allevamenti animali e di carne destinata in buona parte all’esportazione verso l’Occidente di cui facciamo parte.

Potremmo dilungarci su molte azioni che chiunque di noi può quotidianamente compiere per rispondere in modo individuale a questo continuo e progressivo abuso della natura, ma per ragioni di spazio ci concentreremo su tre possibili azioni concrete collegate al proprio stile alimentare:

Per chi è onnivoro: mangiare meno carne e mangiarla solo proveniente da allevamenti alimentati con prodotti coltivati nel nostro paese e in grado di garantire il massimo rispetto possibile per animali e ambiente.

Per chi è vegetariano o vegano: consumare soia certificata biologica e proveniente da paesi che rifiutano gli OGM e non dal Sudamerica e informarsi sull’eticità dei prodotti acquistati.

Per tutti: prendersi cura della natura che ci circonda, piantare dove possibile un albero in modo che possa aiutare le generazioni che verranno, ed insegnare questa cura a chi verrà dopo di noi, come nel racconto di Jean Giono “L’uomo che piantava gli alberi”.

Chi sta bruciando l’Amazzonia?

Emerge una risposta poco scontata dall’analisi di The Guardian sul tema della deforestazione dell’Amazzonia. Possiamo partre da queste considerazioni e farci qualche domanda in merito:

  1. Nel 2019 siamo a 79.000 “punti fuoco” in tutto il Brasile, cioè quasi il doppio rispetto all’anno scorso
  2. Il 99% di questi incendi ha origine umana volontaria, e vengono alimentati soprattutto per convertire terreni in colture di soya a fini di alimentazione animale, e in pascoli estensivi.
  3. L’anidride carbonica è la causa principale dell’effetto serra, e quando una foresta brucia “libera” nell’atmosfera grandi quantità di carbonio. Secondo il servizio europeo Copernicus, gli incendi di quest’anno in Amazzonia hanno già prodotto 230 milioni di tonnellate di CO2, ed aumentare la CO2 immessa nell’atmosfera significa aggravare il riscaldamento climatico, che rende probabili altri incendi, e così via, in un circolo vizioso.
  4. Se incendi e deforestazione arriveranno a riguardare il 25%-40% della foresta (per ora siamo intorno al 15%), l’ecosistema non sarà più in grado di regolare il proprio clima e la foresta Amazzonica potrebbe trasformarsi in una savana come era già 55 milioni di anni fa.
  5. La carne è uno dei principali prodotti di esportazione del Brasile, e l’Italia ne è uno dei principali importatori (30 000 tonnellate/anno – soprattutto per carni lavorate di bassa qualità – aumentate col recente accordo UE-Mercosur a 100.000 t/anno).
  6. Gli animali non sono allevati su terreni sottratti alle foreste primarie, tuttavia spesso sono alimentati con la soia proveniente dal sudamerica, responsabile di deforestazione.

A questo punto vi lasciamo con tre domande per continuare questa analisi, e con un breve video sugli Indios che vivono a contatto con questa tragedia da anni:

  • Quanto lo stile alimentare occidentale è responsabile della deforestazione in Amazzonia?
  • Quanto viene destinato alla cooperazione ambientale da parte dell’Europa e dell’Italia in particolare?
  • Quanto viene invece destinato a sostenere i consumi domestici di prodotti responsabili di deforestazione?