Terrananda

La natura è maestra

Category: intervista

Intervista a Paolo Ermani

Definire professionalmente Paolo Ermani è arduo perché moltissime sono state le sue attività anche in ambiti ancora inediti e tutti da creare ex novo come quella dello “scollocatore”.

La figura di Ermani è incredibilente poliedrica e soprattutto preziosa perché con la sua formazione e le sue esperienze pregresse in ambito nazionale e internazionale ha acquisito la capacità di uno sguardo lucido e critico sull’economia, la società, le tematiche ambientali.

Oggi ho la grande fortuna di potergli rivolgere alcune domande per condividere con voi la ricchezza delle sue risposte così taglienti ma così vere e appassionate, in grado di indirizzare il lettore verso un punto di vista critico sulla questione della sostenibilità e dell’ecologia e su tutti gli aspetti a queste connessi.

Oggi tutti parlano del rispetto dell’ambiente ma la complessità di questa tematica richiede formazione, informazione vera scevra da interessi di parte e costante ricerca. Tutto ciò non può essere disgiunto da una prospettiva filosofica o addirittura direi trascendente che alimenti la nostra consapevolezza di fondo.

Vi invito a leggere le sue pubblicazioni e a visitare il suo aggiornatissimo blog con le date degli eventi che lo riguardano.

Come è riuscito a creare questa sua nuova figura professionale che ancora in Italia è rara e come si definirebbe professionalmente parlando?

La sua domanda è assai interessante, in effetti la figura professionale di “scollocatore” non esiste nel panorama lavorativo italiano e presumo anche internazionale.

E’ infatti raro trovare qualcuno che aiuti le persone non solo a cambiare vita e lavoro ma a trovare con loro delle soluzioni scollocandole da una esistenza grigia, monotona e fine a se stessa con una visione di miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente.

Altri “esperti” (spesso persone che hanno trascorsi lavorativi nel marketing o nella comunicazione) recentemente, avendo visto lo stato di frustrazione e smarrimento di molti, propongono vari supporti al “cambiamento” ma non puntano anche alla qualità del lavoro, basta che si cambi e di solito si pone l’accento solo sulla realizzazione personale e sul guadagno.

Io propongo altro, sì ad un guadagno dignitoso ma non danneggiando il prossimo e l’ambiente, come invece succede per la stragrande maggioranza dei lavori. Se ti realizzi tu a scapito del prossimo e dell’ambiente, non mi pare un grande progresso né per te, né per gli altri e contribuirai comunque a peggiorare la situazione, aspetto che alla fine si ritorcerà anche contro di te, i tuoi eventuali figli e nipoti.

Professionalmente parlando mi occupo di vari settori ed è difficile definirmi in qualche modo, questo crea dello smarrimento a chi deve per forza avere delle categorie definite e interesse per chi invece ha più larghe vedute.

Dalla sua pluriennale esperienza può dirci a che punto siamo in Italia per quanto riguarda una svolta verso la sostenibilità?

Siamo ostaggio di multinazionali e grandi potentati che bloccano sul nascere qualsiasi cambiamento e lavorano solo ed unicamente per il loro profitto. Si parla tanto di ambiente solo per maquillage e perché e il tema del momento ma poi non si fa sostanzialmente nulla. Se davvero si tenesse alla salute dei cittadini si dovrebbe fare sull’ambiente cento volte quanto si è fatto con la questione covid, invece zero, nulla, niente.

Siamo alla catastrofe idrica e ci si limita a razionare l’acqua e sperare nella pioggia, pensi quanto interessa ai nostri politici di tutelare la nostra salute. L’unica salute che gli interessa tutelare è quella del profitto.

La svolta vera sulla sostenibilità o se la danno i cittadini che si mettono insieme e realizzano direttamente il cambiamento o non arriverà mai.

Crede ci sia abbastanza informazione tra le persone, riguardo alle conseguenze ecologiche delle scelte commerciali di ognuno?

Siamo in pochi a fare informazione ecologica vera e seria, noi con il giornale web Il cambiamento la facciamo da oltre dodici anni.

Per il resto che informazione ambientale può essere quella di chi scrive di ambiente e viene sponsorizzato da Eni, Enel, ditte automobilistiche, aziende di moda, orologi costosissimi, cibo spazzatura, gioco d’azzardo e così via? E praticamente quasi tutti accettano i soldi degli inquinatori, produttori di merci superflue o dannose, anche siti web dichiaratamente ambientalisti.

Continuando così, dicendo una cosa e poi comportandosi al contrario, la situazione non cambierà mai, ma si sa che la “pecunia non olet”.

Ormai di ambiente ne parla chiunque anche i peggiori inquinatori del pianeta, tanto con tutti i soldi che hanno possono comprarsi tutti e con le pubblicità possono far credere qualsiasi cosa, pure che la terra è a forma di cono, che la benzina è verde o il gas o il nucleare sono amici dell’ambiente.

Chi dovrebbe occuparsi di formazione in questo ambito?

Lo dovrebbe fare lo Stato con tutti i soldi che spreca costantemente e poi ci vengono a dire che non hanno abbastanza soldi, fatto sta che di soldi ce ne sono e pure tanti ma vengono letteralmente buttati dalla finestra o elargiti ai soliti noti. Con la questione covid hanno realizzato una mobilitazione impressionante, capillare, perché per le altre emergenze sanitarie no? Ma tanto non lo faranno mai, non possono andare contro gli interessi di multinazionali e potentati che sono il vero governo del paese e  la stessa questione covid ce lo ha dimostrato per l’ennesima volta.

La salute si tutela non solo quando si tratta di covid e ammesso che lo sia stato fatto per davvero, la si tutela vietando ogni cibo che non sia biologico, ogni cibo spazzatura pieno di grassi e zuccheri, chiudendo gli allevamenti intensivi, vietando ogni prodotto nocivo per la salute, riducendo drasticamente ogni inquinamento di acqua, aria e terra.

Tutti aspetti che uccidono milioni di persone ma a quanto pare sono morti che non contano visto che niente si fa in merito.  Quando si agirà in questo modo, io crederò a chi mi dice che tutela la mia salute.

Quali sono le mete più urgenti che ci aspettano come comunità?

Mettersi insieme agli altri e creare tanti progetti di ecovicinato, recuperare territori per levarli alle grinfie di speculatori e devastatori di ogni tipo, per creare una vita e un lavoro diverso, diminuire le spese, aumentare la qualità della vita, creare autentico benessere e ricostruire il paradiso terrestre che è l’Italia.

Cosa è Paea?

E’ l’acronimo di Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente ovvero una associazione non profit di promozione sociale che è nata nel 1999 e si occupa di divulgazione, formazione, applicazione, nei settori della salvaguardia ambientale, energie rinnovabili, risparmio energetico e idrico, uso razionale dell’energia, cambiamento stili di vita. Ha realizzato oltre 500 attività, fra cui corsi e seminari di formazione tecnica e non, realizzazione di eventi pubblici, partecipazione a fiere di settore, organizzazione conferenze e meeting, mostre itineranti, moduli di didattica ambientale, viaggi formativi all’estero, redazione di articoli e materiale informativo, campagne di sensibilizzazione, progettazione e realizzazione.

Lei ha viaggiato molto: quali sono i paesi e le buone pratiche che potremmo importare per sviluppare modi di vivere più sostenibili?

Non bisogna andare lontano, basterebbe copiare quello che la Germania ha fatto sulla formazione ambientale e con le potenzialità enormi che abbiamo nel nostro paese, diventeremmo velocemente autosufficienti dal punto di vista energetico e alimentare, scoppiando di salute. Ma fare formazione e informazione corretta, significa intaccare gli interessi di cui sopra.

Chi sono i teorici del settore che la hanno ispirata maggiormente?

Da tante persone diverse ho trovato spunti interessanti per il mio lavoro, solo per citarne alcuni: Juan Martinez Alier, Masanobu Fukuoka, David Holmgren e Bill Mollison, Henry Thoureu, Mark Boyle, Andrè Stern, Harmut Rosa, David Greaber, Tristram Stuart, Rob Hopkins

Qualche consiglio di lettura per agire ecologicamente e consapevolmente.

Ecologicamente: L’Italia verso le emissioni zero del sottoscritto, Vivere senza bollette di Alessandro Ronca e La civiltà dell’orto di Gian Carlo Cappello

Per la consapevolezza: qualsiasi libro di J. Krishnamurti o Joe Dispenza.

La fattoria dell’autosufficienza

Sull’Appennino romagnolo si trova la Fattoria dell’autosufficienza dove è possibile rigenerarsi nel corpo e nella mente.

Una realtà dove il rispetto per l’ambiente diventa proposta concreta di benessere e scelta di vita alternativa per immergersi in una dimensione autentica.

Un nuovo stile sostenibile di vita (anzi antichissimo) in armonia con l’ambiente oggi più che mai necessario quando gli eventi degli ultimi due anni hanno messo la società dei consumi davanti ai propri limiti.

Il recente passato ha indicato la nostra dipendenza dalla grande distribuzione (pensiamo alle lunghe file davanti ai supermercati nel 2020) e la nostra fragilità nel sentirsi soli e isolati. Oggi ci ritroviamo con il bisogno di modelli nuovi che possano renderci più forti e più autonomi.

Esempi concreti cui ispirarsi, scelte coraggiose verso le quali guardare con fiducia e ottimismo per immaginare un futuro fatto di rispetto, ecologia e cooperazione.

Oggi incontriamo la Fattoria dell’Autosufficienza, centro olistico, agriturismo, azienda agricola e molto altro: in dialogo con l’ideatore di una realtà tutta da scoprire, Angelo Francesco Rosso

Come e quando nasce il tuo progetto?

La Fattoria dell’Autosufficienza nasce nel 2009. Era da qualche anno che insieme alla mia famiglia stavamo cercando un luogo dove diventare autosufficienti e quindi resilienti. Ci rendevamo sempre più conto di come l’umanità sarebbe andata incontro a sfide epocali e di come fosse necessario essere pronti. Pensavamo al convergere di crisi economica/finanziaria, crisi energetica, crisi ambientale, crisi sanitaria, crisi sociale…

Quali sono le teorie alle quali ti sei ispirato?

Mi sono ispirato più a delle pratiche che a delle teorie. Poco dopo aver acquistato i terreni ho conosciuto la permacultura, prima attraverso i libri e poi attraverso un corso intensivo di 72 ore. Grazie a questa esperienza ho iniziato a visitare diversi esempi pratici. Sicuramente Sepp Holzer, soprannominato il contadino ribelle delle Alpi Austriache, è stato una delle mie massime fonti di ispirazione per quanto riguarda l’agricoltura. Per le costruzioni invece l’ispirazione è venuta da Frederick Hundertwasser, architetto ed ecologista sempre un austriaco che ha completamente sovvertito l’idea di architettura del suo tempo.

Perché l’agricoltura sinergica è più sostenibile?

Personalmente non ho fatto grandi esperienze con l’agricoltura sinergica. Sono partito molto entusiasta del metodo di Emilia Hazalip ma poi mi sono scontrato con diversi problemi che non sono riuscito a risolvere, in particolare la grande difficoltà nel contenimento delle erbe spontanee, il compattamento del suolo e tempi di raccolta piuttosto lunghi rispetto ad un orto ordinato. La maggiore sostenibilità rispetto ad un normale orto biologico è sicuramente data dal fatto che non si fanno lavorazioni del terreno che molto spesso richiedono mezzi a motore e quindi a combustibile fossile. Il mantenere sempre coperto il terreno poi permette di ridurre i quantitativi di irrigazione.

Quali sono gli insegnamenti più importanti che hai acquisito da questo tuo lavoro con la natura?

Venendo dal mondo del commercio e in particolare commercio online, dove tutto deve essere super veloce ed immediato ho dovuto imparare a pazientare, ad accettare la variabile del clima alla quale non ero abituato, a comprendere i ritmi delle stagioni, a progettare a 7 generazioni.

Come si è evoluto nel tempo il tuo progetto?

Sono partito che non c’era nulla o meglio c’erano ruderi da demolire e campi da pulire. I primi corsi di agricoltura naturale ed autocostruzione che organizzai erano anche corsi di sopravvivenza. ​

Per saperne di più e magari trascorrere un periodo in fattoria: Il centro – Autosufficienza

Cucinavamo esternamente in un fornello da campo, si dormiva tutti in tenda, c’era una compost toilette, si mangiava sotto le intemperie. Già quando dopo un anno arrivò la yurta fu un grandissimo traguardo. In 10 anni un luogo disabitato da 50 anni e completamente abbandonato da 15 anni si è trasformato in un paradiso ricco di specchi d’acqua, terrazzamenti coltivati, alberi e fiori di tutti i tipi, strutture a basso impatto ambientale e una piccola comunità di persone permanente. 6 Nel vostro lavoro di divulgazione lavorate anche con i bambini? Come rispondono alle esperienze che proponete loro? Abbiamo intenzione di sviluppare un progetto educativo per i più piccoli ma al momento non siamo ancora operativi. 7 Quali credi che siano le conoscenze più importanti da divulgare oggi per avvicinarsi un po’ di più alla terra e ai suoi ritmi? La specie umana oggi non è più adatta a vivere su questo pianeta. Per chi lo comprende il ritorno alla terra è quasi inevitabile. 8 Negli ultimi anni si usano molto di più i termini “bio”, “green”, “eco” etc.. Pensi che possiamo ben sperare nel futuro per la salvaguardia del nostro ambiente e della nostra salute? Quando questi termini sono utilizzati dai governi e delle multinazionali che li controllano purtroppo fatico molto a vederci qualcosa di buono. Sono molto più attratto dai fatti che dalla propaganda: negli ultimi 2 anni si è parlato tantissimo di salute e si fatto di tutto per distruggere a norma di legge il benessere fisico, mentale e sociale delle persone sane.