Le principali minacce alla biodiversità sono distinguibili tra primarie e secondarie. Tra le prime possiamo annoverare la distruzione dell’habitat ad opera di progetti come strade, autostrade, dighe, attività minerarie, urbanizzazione in aree che sarebbero abbondantemente caratterizzate dalla varietà di piante e animali.
Un’altra causa importante è un pensiero dominante che crede che sostituire la diversità con l’omogeneità nella silvicultura, nella pesca, nell’allevamento o nell’agricultura sia economicamente più proficuo. C’è un pensiero che crede che la diversità vada a scapito della produttività e che invece, monocoltura e uniformità siano sempre la strada migliore da seguire per profitto.
La diversità è invece la base della stabilità ecologica e sociale. (Cfr. Vandana Shiva, Monocolture della mente, Bollati e Boringhieri, Torino, 1995).
Non è difficile osservare come la natura faccia crescere vicine piante diverse e coabitare svariati animali nello stesso habitat poiché si crea un vantaggioso equilibrio.
Il nostro attuale modo di coltivare la terra, invece, o, ancora peggio, di allevare gli animali si basa sull’uniformità: campi e campi di grano…migliaia di polli assiepati nello stesso capannone.
Questo modo di fare, secondo l’autrice citata, impoverisce di risorse il terreno e costringe a utilizzare più prodotti chimici. Come ammassare migliaia di animali della stessa specie in uno stesso luogo, crea con facilità il propagarsi di malattie tra gli stessi e rende necessario ricorrere a antibiotici o altre sostanze, (oltre a essere sbagliato da un punto di vista del rispetto per la loro vita che così si impoverisce e diventa solo funzionale al nutrimento umano).
Si rende necessario allora, scegliere di alimentarsi con prodotti della terra che provengano da una agricoltura che rispetta le piante e si avvicina quanto più possibile al modus operandi di Madre Natura.
Verso il cambiamento
By Chiara Gasperini
On August 22, 2019
In articolo, citazione e commento
“Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. Accade anche quando i movimenti dei consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti e così diventano efficaci per modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione. Quando le abitudini sociali intaccano i profili delle imprese, queste si vedono spinte a produrre in un altro modo. Questo ci ricorda la responsabilità sociale dei consumatori. Acquistare è sempre un atto morale oltre che economico. Per questo, oggi, il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi”.
Queste sono parole di Mario Bergoglio, e spingono ognuno di noi a riflettere su quanto, fare la spesa o compiere altre azioni, come, tra le tante, per esempio, scegliere il proprio gestore telefonico o dell’energia elettrica, siano atti di estrema responsabilità perché hanno conseguenze di tipo economico e quindi politico e perciò sociale. Noi consumatori invece, troppo spesso, siamo spinti solo dal prezzo di ciò che compriamo, nell’immediato. Ma c’è un altro prezzo da valutare, quello a lungo termine.