Terrananda

La natura è maestra

Author: Chiara Gasperini Page 2 of 3

Il clima come bene comune

Il tema dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo è al centro dell’interesse di tutti e a essere chiamato in causa è il suo irrispettoso modo di sfruttare le risorse ambientali inquinando e depauperando la casa comune.

A tal proposito sono più che pertinenti alcune tra le molte argomentazioni di Mario Josè Bergoglio sul tema del clima (tratte da Laudato sì, lettera enciclica sulla casa comune):

Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti. Esso, a livello globale, è un sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana. Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico.

Negli ultimi decenni, tale riscaldamento è stato accompagnato dal costante innalzamento del livello del mare, e inoltre è difficile non metterlo in relazione con l’aumento degli eventi metereologici estremi, a prescindere dal fatto che si possa attribuire una causa scientificamente determinabile ad ogni fenomeno particolare.

L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano.

Vero è che ci sono altri fattori (quali il vulcanismo, le variazioni dell’orbita e dell’asse terrestre, il ciclo solare), ma numerosi studi scientifici indicano che la maggior parte del riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuta alla grande concentrazione di gas serra (anidride carbonica, metano, ossido di azoto e altri) emessi soprattutto a causa dell’attività umana.

La loro concentrazione nell’atmosfera impedisce che il calore dei raggi solari riflessi della terra si disperda nello spazio. Ciò viene potenziato soprattutto dal modello di sviluppo basato sull’uso intensivo di combustibili fossili , che sta al centro del sistema energetico mondiale.

long exposure photography of road and cars

Ha inciso anche la pratica del cambiamento d’uso del suolo, principalmente la deforestazione per finalità agricola. A sua volta, il riscaldamento ha effetti anche sul ciclo del carbonio. Crea un circolo vizioso che aggrava ancora di più la situazione che inciderà sulla disponibilità di risorse essenziali come l’acqua potabile, l’energia e la produzione agricola delle zone più calde, e provocherà l’estinzione della biodiversità del pianeta.

Lo scioglimento dei ghiacci polari e di quelli d’alta quota minaccia la fuoriuscita ad alto rischio di gas metano, e la decomposizione della materia organica congelata potrebbe accentuare ancora di più l’emissione di anidride carbonica.

A sua volta, la perdita di foreste tropicali peggiora le cose, giacché esse aiutano a mitigare il cambiamento climatico. L’inquinamento prodotto dall’anidride carbonica aumenta l’acidità degli oceani e compromette la catena alimentare marina.

school of gray fish

Se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi.

L’innalzamento del livello del mare, ad esempio, può creare situazioni di estrema gravità se si tiene conto che un quarto della popolazione mondiale vive in riva al mare o molto vicino a esso, e la maggior parte delle megalopoli sono situate in zone costiere.

I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità.

Un po’ di plastica ogni giorno

L’organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato un rapporto sulla presenza di microplastiche nell’acqua potabile con la quale la maggior parte delle persone si disseta ignara.

Microplastic in drinking water è un allarmante rapporto dell’OMS pubblicato nello scorso mese di agosto:

Microplastics are ubiquitous in the environment and have been detected in marine water, wastewater, fresh water, food, air and drinking-water, both bottled and tap water.

Le microplastiche come è emerso in una serie di ricerche che il rapporto prende in esame, (circa 50) sono ormai diffuse ovunque, nelle acque e nell’ambiente. Fanno parte della nostra alimentazione anche attraverso i MOCA (materiali a contatto con gli alimenti).

Anche chi cerca di prendersi cura il più possibile della propria salute e di quella dei propri figli con sana alimentazione e sane abitudini di vita si ritrova poi, inevitabilmente, a ingerire quantitativi variabili di microplastiche disseminate ovunque, finanche, appunto, nell’acqua potabile.

Si legge nel rapporto che le particelle al di sopra di una certa grandezza (150 micromeri) sembrerebbero non venire assorbite dal corpo ma espulse e quelle più piccole, anche se assorbite non si sa che danni rechino a chi le ingerisce perché mancano studi, allora per adesso, possiamo stare tranquilli.

Il coordinatore dell’Oms per l’acqua ed i servizi igienico-sanitari, Bruce Gordon, afferma:

But just because we’re ingesting them doesn’t mean we have a risk to human health, the main conclusion is, I think, if you are a consumer drinking bottled water or tap water, you shouldn’t necessarily be concerned.

Insomma, stando alle parole dell’esperto scienziato: solo perché ingeriamo microplastiche, non significa che esse rappresentino un pericolo per la salute degli esseri umani. La conclusione principale è che se sei un consumatore di acqua in bottiglia o di rubinetto, non dovresti necessariamente preoccuparti.

In sostanza, mancando studi affidabili, l’OMS è cauta, sostiene che al momento non ci dobbiamo preoccupare troppo ma è meglio studiare maggiormente la questione e ridurre la diffusa produzione e dispersione di plastica nell’ambiente.

Sembra impossibile riuscire a dormire sonni tranquilli quando si sa, ormai per certo, che ogni giorni oltre ai lipidi, protidi e glucidi dobbiamo inserire anche la voce microplastiche.

We urgently need to know more about the health impact of microplastics because they are everywhere –  including in our drinking-water,” says Dr Maria Neira, Director, Department of Public Health, Environment and Social Determinants of Health, at WHO. “Based on the limited information we have, microplastics in drinking water don’t appear to pose a health risk at current levels. But we need to find out more. We also need to stop the rise in plastic pollution worldwide.

Il paradigma scientifico del nostro tempo prende in considerazione solo ciò che è dimostrato da ricerche perciò mancando studi che dimostrino in modo incontrovertibile che le microplastiche fanno male, secondo l’OMS, non dobbiamo preoccuparci.

Forse allora è il nostro paradigma scientifico a “fare acqua”.

Purtroppo, letto questo rapporto, possiamo davvero affermarlo.

Il consumo critico

Miniguida al consumo critico

Miniguida al Consumo Critico è un piccolissimo libro ideato dal Movimento Gocce di Giustizia, Casa della Pace, a Novara, nel 2010.

Il libro fornisce riflessioni e indicazioni concrete per promuovere una riflessione nei consumatori che si accingono a comprare nuovi prodotti offerti dal mercato.

A seguire, la definizione di consumo critico, tratta dal volumetto.

“La logica del mercato si basa sul principio di produrre qualsiasi cosa venga richiesta, secondo la legge della domanda e dell’offerta.

Ma tale legge pone nelle nostre mani una forza enorme: il potere del consumatore.

Un potere di cui non siamo consapevoli, perché il sistema economico della nostra società ci abitua ad usare e sfruttare beni di consumo non educandoci all’acquisto e senza insegnarci come questi beni vengano prodotti, da chi, in quali condizioni di lavoro, con quali risorse.

Come consumatori, attraverso le nostre scelte, inviamo segnali al mercato: se preferiamo un prodotto con certe caratteristiche, il mercato si preoccuperà di produrlo.

Allora diventa necessario chiedersi in base a quali criteri preferiamo un prodotto piuttosto che un altro:

1 prima di acquistare un prodotto stabilire se è realmente utile e necessario

2 leggere attentamente l’etichetta, preferendo, a pari prezzo, il prodotto con più informazioni

3 privilegiare prodotti ottenuti con tecniche che salvaguardino la tutela dell’ambiente e il risparmio energetico

4 informarsi se il prodotto non sia fabbricato sfruttando la manodopera dei lavoratori o dei minori

5 preferire prodotti locali e artigianali

6 informarsi seriamente sul comportamento della ditta o multinazionale che produce il bene

Se la vostra visione del mondo comprende idee come la giustizia e la conservazione del pianeta, perchè non impostare in base a questi valori anche i nostri consumi?

Se noi scegliamo e comperiamo prodotti di un’azienda che adotta comportamenti rispettosi dell’uomo e dell’ambiente, il mercato si potrà orientare in questa direzione. Le aziende definite etiche ed ecologiche aumenteranno le loro vendite dando anche lavoro a più persone.

Ormai è concluso il tempo di affrontare i problemi di ingiustizia sociale attraverso l’assistenzialismo, in quanto questo crea dipendenza nei beneficiari e anestetizza le coscienze di chi dona impedendo a entrambe le parti di trovare forme e strade per uscire da questo sistema perverso. Le azioni grandi e sensazionali non sono una soluzione perché durano il tempo di un’emozione passeggera.

Siamo invece chiamati a ad azioni piccole ma quotidiane.

La loro efficacia sta nell’agire sulle cause dell’ingiustizia, azioni spesso così semplici da diventare abitudini: fare la spesa, vestirsi, viaggiare, come gestire i nostri risparmi, come investire il tempo libero. (…) Per noi è importante recuperare il senso, il valore, il dovere dell’utopia che è il contrario esatto della rassegnazione“.

I principi dell’ecologia di Fritjof Capra

Un’educazione che promuova l’ecologia è basata essenzialmente sulla conoscenza delle leggi naturali.

La natura è maestra perché in grado di insegnare antiche leggi, eterne saggezze, basilari per la vita degli uomini che le hanno dimenticate o perse nell’affannarsi tipico della contemporaneità.

Come anticipato nello scorso post ci viene in aiuto il fisico Capra che in modo conciso e efficace mette a punto i principi base dell’ecologia per una formazione nuova e rispettosa dell’ambiente.

Stiamo cercando di comprendere come la nostra vita sia strettamente collegata a quella di tutti gli altri esseri, umani, non umani, vegetali, in un sistema dinamico e interdipendente, dove il benessere degli uni è anche il benessere degli altri e la rovina di qualcosa ha sempre conseguenze anche sugli altri elementi dell’insieme.

Fritjof Capra scrive nel già citato Ecoalfabeto, a pag 41:

“Quando il pensiero sistemico viene applicato allo studio delle relazioni multiple che collegano tra loro i membri della famiglia terrestre, si possono distinguere alcuni principi base.

Possono essere chiamati principi ecologici, principi di sostenibilità, o principi comunitari; oppure si possono persino chiamare i fatti essenziali della vita. Serve un programma scolastico che insegni ai nostri bambini i seguenti fatti fondamentali della vita:

1 un ecosistema non genera rifiuti, dato che gli scarti di una specie sono il cibo di un’altra;

2 che la materia circola continuamente attraverso la rete della vita;

3 che l’energia che alimenta questi cicli ecologici deriva dal sole;

4 che la diversità garantisce la capacità di recupero;

5 che la vita sin dai suoi primordi, più di tre miliardi di anni fa, non ha conquistato il pianeta con la lotta ma con la collaborazione, l’associazione e la formazione di reti.

Insegnare questa conoscenza ecologica, che è anche un’antica saggezza, sarà la funzione più importante dell’istruzione del prossimo secolo”.

Ecoalfabeto

In questi giorni dove si ribadisce da più parti l’importanza di introdurre nella pratica scolastica argomenti come la sostenibilità e l’educazione ambientale, vale la pena ricordare un classico sul tema: Ecoalfabeto del fisico Fritjof Capra. Un piccolo libro edito da Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, Tarquinia, 2005.

Il librino nasce dalla domanda su quale sia il modo migliore quanto a efficacia per insegnare ai bambini i principi base dell’ecologia e del pensiero sistemico.

Secondo il pensiero sistemico le proprietà delle parti possono essere comprese solo studiando l’organizzazione del tutto e non si concentra sui mattoni elementari ma sui principi di organizzazione fondamentali. Significa comprendere che per analizzare qualcosa bisogna farlo analizzandolo nelle sue relazioni con il contesto.

Si rimanda al libro F. Capra, La rete della vita, Rizzoli, Milano, 1997.

Alla base di una vera educazione ecologica dobbiamo porre un diverso modo di pensare: è necessario imparare a pensare in un modo sistemico, che tenga conto delle connessioni e della rete di rapporti e interdipendenze tra gli elementi.

Capra fonda principi di ecoliteracy nel suo ecoalfabeto e dà vita, in California, al Center for Ecoliteracy con sede a Barkeley dove sono stati sviluppati numerosi progetti di formazione ecologica.

Riportiamo alcune riflessioni di Capra:

“L’idea del Center for Ecoliteracy è nata molti anni fa, quando alcuni funzionari di Portland, Oregon, mi chiesero di aiutarli a redigere un programma di studi impostato ecologicamente per una scuola superiore. Radunai alcuni amici e colleghi e, nel corso degli anni, quel progetto è diventato una vera e propria pedagogia per l’insegnamento dell’ecologia nelle scuole.

La nostra pedagogia, denominata “istruzione per vivere in modo sostenibile”, ha tre caratteristiche fondamentali: promuove il pensiero sistemico, si basa sull’esperienza diretta (ad esempio i bambini trascorrono tempo negli orti e lungo i ruscelli), ed è multidisciplinare.

(…)

Abbiamo scoperto che le reazioni dei bambini all’orto scolastico sono incredibili, e sono molti gli episodi che potrei raccontare.

Dato che sono gli stessi bambini a progettare e coltivare l’orto sviluppano un grande senso di proprietà verso l’orto e ne hanno una grande cura.

Dovresti vedere l’entusiasmo con cui i bambini mangiano la verdura che hanno coltivato, quando magari fino a quel momento non gli è mai piaciuto mangiarla!

Un’altra cosa che abbiamo notato è che come conseguenza del progetto aumenta il livello di collaborazione all’interno della comunità mentre diminuisce il tasso di violenza e criminalità. Tutto questo acquista significato se si pensa a una pedagogia che si concentra sul nutrire una comunità.

(…) L’obiettivo del Center for Ecoliteracy è quello di promuovere l’esperienza diretta del mondo naturale e la sua comprensione durante la scuola elementare.

(…) Ogni cosa alla sua stagione. Mentre alcune cose crescono, altre devono diminuire.

Come la decomposizione delle foglie cadute l’anno scorso fornisce sostanze nutritive per la nuova crescita di questa primavera, cosi’ certe istituzioni devono essere lasciate al loro declino e decadimento, come ci ricorda Hazel Henderson, di modo che il loro capitale e i loro talenti umani possano essere liberati e riciclati per creare nuove organizzazioni.

(…) Il termine Ecologia, deriva dal greco, oikòs “casa”, l’ecologia è lo studio di come funziona la dimora terrestre. Più precisamente è lo studio delle relazioni che collegano tra loro tutti i membri della famiglia terrestre.

Come espresso in modo eloquente dal noto naturalista John Muir:

quando cerchiamo di distinguere qualcosa di per sé,

la troviamo legata a tutto il resto dell’universo.

Ecoalfabeto è un libro davvero pieno di riflessioni attualissime che ci auguriamo possano ispirare la formazione attuale.

Oggi abbiamo raccolto solo alcuni spunti di Ecoalfabeto ma Capra tocca moltissimi altri temi di altrettanta importanza e incredibilmente attinenti al dibattito odierno sulla formazione ecologica a scuola.

Tra i tanti ci sono, per esempio, i suoi principi ecologici che saranno oggetto di un prossimo post.

A giocare nel verde

Gli effetti positivi del trascorrere tempo all’aperto, nel verde, sono innumerevoli e non smettono mai di stupirci. Questo studio scientifico delle ricercatrici Andrea Faber Taylor e Frances E. Kuo dell’Università dell’Illinois, pubblicato nel 2004 sullAmerican Journal of Public Health, evidenzia che bambini con difficoltà di attenzione e iperattività (ADHD) possono trarre beneficio dal giocare regolarmente nel verde.

France “Ming” Kuo, professor of psychology and Andrea Faber Taylor, teaching associate in crop sciences.

In questo importante e rivoluzionario studio scientifico (ce ne sono molti altri sull’argomento ma questo è uno dei primi e più noti) si mostra come trascorrere regolarmente alcune ore nel verde o comunque in ambienti naturali possa aiutare molto i bambini con difficoltà d’attenzione e iperattività favorendo la riduzione dei loro “sintomi”.

La scoperta può aiutare anche tutti i genitori che si trovano a fronteggiare questa difficoltà dei loro piccoli offrendo una soluzione semplice e alla portata di tutti per favorire il benessere.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1448497/

Lo studio condotto tra più di 400 bambini e bambine di differenti nazioni e situazioni sociali, mostra una relazione stretta tra abitudini di gioco e gravità dei sintomi dell’ADHD.

Anche le scuole, nell’ottica di venire incontro inclusivamente ai propri studenti e di favorire il benessere acquisiscono sempre più valore se ubicate in spazi verdi o con la possibilità di usufruirne anziché offrire solo ubicazioni urbane e indoor.

Se gli studenti possono far lezione anche all’aperto o sono in grado di godere almeno parzialmente di outdoor education i vantaggi sono molteplici per tutti.

Emiliano Toso e la sua musica

Quali effetti se il LA è accordato a 432Hz?

Siamo quasi costantemente accompagnati dalla musica: nei negozi, in palestra, al telefono, al cinema, nelle sale d’attesa e in moltissime altre situazioni.

La musica che ci troviamo ad ascoltare ha una caratteristica: è accordata a 440 Hz. Ci sono alcuni studi che indicano come, invece, la musica accordata a 432 Hz possa indurre maggiore benessere insieme ad altri positivi effetti come il favorire la sincronizzazione cerebrale, il rilassamento, l’intuito.

In questa intervista a Emiliano Toso, dottore di ricerca in biologia e pianista che ha scelto di suonare solo musica a 432 Hz è possibile saperne di più su questo interessante argomento e trovare riferimenti a studi scientifici relativi.

Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia

Il rapporto uomo natura è una relazione che l’uomo stabilisce con l’ambiente in cui è inserito. Non può esserci rispetto per l’ambiente se prima l’uomo non ha maturato un sufficiente rispetto per se stesso e per gli altri esseri viventi, in primo luogo esseri umani.

Per questo non può esserci un vero sviluppo ecologico là dove si agisce per egoismo, interesse, conformismo.

L’uomo ha bisogno di essere valorizzato nelle sue dimensioni di responsabilità, volontà e libertà affinché sviluppi il necessario rispetto verso se stesso e verso il mondo.

Necessario è promuovere il senso di responsabilità che noi esseri umani abbiamo nei confronti dell’ambiente. Infatti, nessun altro essere può interferire così tanto e così incisivamente sull’ambiente circostante. Noi possiamo fare molto, nell’aiutare la natura a sostenere il suo perfetto equilibrio o, al contrario, nel danneggiarla. Tuttavia non si può prescindere dall’umanità.

Sono le relazioni umane fondamentali a dover essere rivalorizzate, per poter essere in grado di porsi in relazione con l’altro, ambiente, persona o animale, nel modo più rispettoso e accogliente possibile.

I semi sanno aspettare

Hope Jahreb, Lab Girl, Knopf, Penguin Random House, 2016

Un seme sa aspettare.

La maggior parte dei semi attende un anno prima di iniziare a crescere; un seme di ciliegio può arrivare a aspettare anche fino a cento anni senza alcuna difficoltà. Ma cosa aspettano esattamente?

Ogni seme aspetta che accada qualcosa e solo lui sa che cosa.

Deve accadere una combinazione unica tra temperatura, umidità e luce insieme a altri fattori per convincere un seme a saltare fuori dalla terra e decidere di cambiare.

Deve avvenire qualcosa per cui questo seme approfitti di quella prima e unica opportunità di crescere.

Anche mentre resta nell’attesa, un seme continua a vivere.

Le ghiande cadute al suolo sono tanto vive quanto le querce di trecento anni che si stagliano sopra di loro.

Nessuno dei due, né la ghianda né la quercia centenaria stanno crescendo, ma entrambi stanno aspettando. Però non guardano verso la stessa direzione.

Il seme aspetta di germogliare mentre l’albero aspetta ormai di morire.

Se entri in un bosco, probabilmente osserverai meravigliato quegli alberi che hanno superato di gran lunga l’altezza dell’uomo verso il cielo, e probabilmente non abbasserai lo sguardo al suolo, ma proprio lì in basso, ai tuoi piedi, puoi incontrare centinaia di semi tutti vivi e in attesa.

Tutti ad aspettare un’occasione che forse non arriverà mai.

Più della metà moriranno prima di sentire che hanno raggiunto quella combinazione unica che stavano attendendo e in certe terribili annate potrebbe non sopravviverne neanche uno solo.

Quando entriamo in un bosco, per ogni albero che vediamo, ce ne sono per lo meno un centinaio che attendono sotto la terra, bramando di venire alla luce.

Una noce di cocco è un seme, solo che è tanto grande quanto la testa di un uomo.

Può galleggiare dalle coste dell’Africa e poi, attraverso l’Oceano Atlantico, mettere radici e crescere su un’isola dei Caraibi.

I semi di orchidea, al contrario, sono piccolissimi: un milione di quelli non pesa più di una molletta.

Sia come sia il loro peso, ciò che alla fine fanno tutti i semi è alimentare l’embrione che resta dentro, nell’attesa. Quando l’embrione contenuto in un seme comincia a crescere, in sostanza, quello che fa, consiste nell’allungarsi da quella che era la sua posizione iniziale fino a prendere la forma contenuta nel suo progetto interno.

Infatti, la parte dura che circonda le molecole in un seme di sesamo o in un guscio di noce è lì solo per evitare che cominci a espandersi. In laboratorio, raschiamo la copertura e la annaffiamo un po’. Questo basta a far crescere qualsiasi seme.

Nella mia attività di ricercatrice scientifica avrò avuto a che fare con migliaia di semi, eppure questo continuo sbocciare della vita, giorno dopo giorno, non ha mai smesso di stupirmi.

Tutto ciò che è difficile può essere realizzato come per magia se arriva qualche aiuto.

Trovarsi nel luogo giusto e poter contare con condizioni adeguate può portare, alla fine, a raggiungere ciò che eravamo destinati ad essere.

Una volta, un equipe scientifica, raschiò la protezione di un seme di loto, (Nelumbo nucifera) si trovò faccia a faccia con ciò che stava dentro, nell’embrione, e lo fecero crescere, poi osservarono la sua buccia vuota. Quando datarono con il radiocarbonio questo guscio esterno scartato, scoprirono che la loro piantina li stava aspettando da una torbiera in Cina da non meno di duemila anni.

Questo minuscolo seme aveva ostinatamente mantenuto la speranza del proprio futuro mentre intere civiltà umane salivano e scendevano. E poi, un giorno, il desiderio di questa piccola pianta è finalmente esploso in un laboratorio.

Chissà dove si trova, adesso, quel piccolo essere.

Ogni inizio è la fine di una attesa.

A ciascuno di noi è stata concessa un’opportunità unica di esistere.

Tutti siamo qualcosa di essenzialmente impossibile e inevitabile. Allo stesso modo, tutti gli alberi colmi di frutti sono stati, un tempo, semi che aspettavano il loro momento.

Il verde rende felici

https://www.uvm.edu/uvmnews/news/city-parks-lift-mood-much-christmas-twitter-study-shows

Sembra incredibile che si debbano fare ricerche scientifiche per dimostrarlo, visto che ognuno di noi può farne esperienza personalmente, eppure è così, forse qualcuno nutriva dei dubbi. Fortunatamente sono stati fugati.

Sopra l’articolo in originale, sotto il riassunto in italiano da Repubblica.

https://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2019/08/21/news/il_verde_ci_rende_felici_si_vede_anche_dai_tweet-234047290/

Page 2 of 3