Sull’Appennino romagnolo si trova la Fattoria dell’autosufficienza dove è possibile rigenerarsi nel corpo e nella mente.
Una realtà dove il rispetto per l’ambiente diventa proposta concreta di benessere e scelta di vita alternativa per immergersi in una dimensione autentica.

Un nuovo stile sostenibile di vita (anzi antichissimo) in armonia con l’ambiente oggi più che mai necessario quando gli eventi degli ultimi due anni hanno messo la società dei consumi davanti ai propri limiti.
Il recente passato ha indicato la nostra dipendenza dalla grande distribuzione (pensiamo alle lunghe file davanti ai supermercati nel 2020) e la nostra fragilità nel sentirsi soli e isolati. Oggi ci ritroviamo con il bisogno di modelli nuovi che possano renderci più forti e più autonomi.
Esempi concreti cui ispirarsi, scelte coraggiose verso le quali guardare con fiducia e ottimismo per immaginare un futuro fatto di rispetto, ecologia e cooperazione.
Oggi incontriamo la Fattoria dell’Autosufficienza, centro olistico, agriturismo, azienda agricola e molto altro: in dialogo con l’ideatore di una realtà tutta da scoprire, Angelo Francesco Rosso
Come e quando nasce il tuo progetto?
La Fattoria dell’Autosufficienza nasce nel 2009. Era da qualche anno che insieme alla mia famiglia stavamo cercando un luogo dove diventare autosufficienti e quindi resilienti. Ci rendevamo sempre più conto di come l’umanità sarebbe andata incontro a sfide epocali e di come fosse necessario essere pronti. Pensavamo al convergere di crisi economica/finanziaria, crisi energetica, crisi ambientale, crisi sanitaria, crisi sociale…

Quali sono le teorie alle quali ti sei ispirato?
Mi sono ispirato più a delle pratiche che a delle teorie. Poco dopo aver acquistato i terreni ho conosciuto la permacultura, prima attraverso i libri e poi attraverso un corso intensivo di 72 ore. Grazie a questa esperienza ho iniziato a visitare diversi esempi pratici. Sicuramente Sepp Holzer, soprannominato il contadino ribelle delle Alpi Austriache, è stato una delle mie massime fonti di ispirazione per quanto riguarda l’agricoltura. Per le costruzioni invece l’ispirazione è venuta da Frederick Hundertwasser, architetto ed ecologista sempre un austriaco che ha completamente sovvertito l’idea di architettura del suo tempo.
Perché l’agricoltura sinergica è più sostenibile?
Personalmente non ho fatto grandi esperienze con l’agricoltura sinergica. Sono partito molto entusiasta del metodo di Emilia Hazalip ma poi mi sono scontrato con diversi problemi che non sono riuscito a risolvere, in particolare la grande difficoltà nel contenimento delle erbe spontanee, il compattamento del suolo e tempi di raccolta piuttosto lunghi rispetto ad un orto ordinato. La maggiore sostenibilità rispetto ad un normale orto biologico è sicuramente data dal fatto che non si fanno lavorazioni del terreno che molto spesso richiedono mezzi a motore e quindi a combustibile fossile. Il mantenere sempre coperto il terreno poi permette di ridurre i quantitativi di irrigazione.
Quali sono gli insegnamenti più importanti che hai acquisito da questo tuo lavoro con la natura?
Venendo dal mondo del commercio e in particolare commercio online, dove tutto deve essere super veloce ed immediato ho dovuto imparare a pazientare, ad accettare la variabile del clima alla quale non ero abituato, a comprendere i ritmi delle stagioni, a progettare a 7 generazioni.
Come si è evoluto nel tempo il tuo progetto?
Sono partito che non c’era nulla o meglio c’erano ruderi da demolire e campi da pulire. I primi corsi di agricoltura naturale ed autocostruzione che organizzai erano anche corsi di sopravvivenza.
Per saperne di più e magari trascorrere un periodo in fattoria: Il centro – Autosufficienza
